Prof. Bruno Andrea Pesucci Direttore UOC Chirurgia Maxillo Facciale Azienda Ospedaliera S.Camillo-Forlanini
Prof. Bruno Andrea PesucciDirettore UOC Chirurgia Maxillo FaccialeAzienda Ospedaliera S.Camillo-Forlanini

RASSEGNA STAMPA

Super stampanti 3D per protesi Hi Tech: ragazzo salvato da un tumore grazie alla sostituzione completa della mandibola. E' la prima volta al mondo!

Fonte: Il Messaggero del 20.04.2021

Roma - Lo storico intervento è stato, guidato dal Direttore Prof.  Bruno Andrea Pesucci e portato a termine dagli specialisti della Chirurgia Maxillo-Facciale dell’Ospedale San Camillo-Forlanini di Roma.

 

Il paziente, un ragazzo di 20 anni affetto da una neoplasia benigna chiamata displasia fibrosa, non riusciva più a mangiare né a parlare senza provare dolori insopportabili.

Ora, grazie all’innovativa protesi in titanio, potrà tornare a una vita normale.

Mangiare e perfino parlare per Joan Cuc era diventato dolorosissimo. Ha solo 20 anni ma oltre un terzo della sua vita l’ha passato con una displasia fibrosa, un tumore aggressivo che gli aveva messo completamente fuori uso la mandibola. Parlo al passato perché oggi Joan Cuc sta meglio. Gli esperti della Chirurgia Maxillo-Facciale dell’Ospedale San Camillo sono riusciti a portare a termine un intervento storico: per la prima volta al mondo hanno effettuato una sostituzione completa della mandibola grazie a una protesi innovativa in titanio che ha ridato al giovane di origini rumene una vita normale.
Joan Cuc è un ragazzo rumeno che vive nel nostro Paese da diversi anni. Gli stessi passati a convivere con una neoplasia molto aggressiva chiamata displasia fibrosa.
Sebbene sia considerato um tumore benigno è una malattia molto rara che provoca lo sviluppo di un tessuto fibroso anomalo al posto di un normale osso: con il tempo queste “anomalie” crescono e si espandono indebolendo il tessuto osseo circostante fino alla rottura o alla deformazione.
Nel corso del tempo i medici hanno provato ad apportare delle piccole resezioni per provare ad arrestare l’avanzata della neoplasia che, però, non ha voluto saperne di fermarsi.

L’intervento era diventato necessario ma fino a quel momento erano stati eseguiti soltanto sostituzioni parziali della mandibola mentre a Joan Cuc serviva un cambio totale.
Grazie alla collaborazione con tecnici ed ingegneri, il team del San Camillo-Forlanini ha progettato una copia in titanio della mandibola di Joan e poi, grazie alle simulazioni digitali, ha realizzato un modello “reale” stampato in 3D.

Sulla protesi sono stati poi creati degli alloggiamenti dove i chirurghi hanno eseguito un trapianto d'osso prelevato dal suo stesso perone. Un sistema che, hanno spiegato i medici, avrebbe dato al giovane la possibilità di fissare la protesi. Poi hanno isolato i muscoli e collegato le fibre muscolari alla protesi in modo da renderla perfettamente funzionante.
Joan nei prossimi mesi dovrà sottoporsi ad altri interventi per avere anche dei denti nuovi e, nel tempo, anche ad eventuali sostituzioni dei condili mandibolari in caso di usura, dal momento che sono svitabili.
Ma il primo importante passo è stato fatto: ora Joan può correre verso una vita nuova.

 

(Fonte: Web

di Valentina Arcovio
 

Un bel piatto fumante di rigatoni al sugo. Per il giovane Joan Cuc, 20 anni, è stato questo il vero banco di prova della sua nuovissima mandibola. Glielo ha portato la sua mamma in un cestino all'Ospedale San Camillo Forlanini di Roma, dove da settimane fa avanti e indietro con i suoi manicaretti. Alla prova della forchetta, la mandibola nuova di zecca che i medici e gli ingegneri clinici dell'ospedale romano hanno regalato a Joan non ha semplicemente fatto il suo dovere.

 

“Ma ha superato ogni nostra più entusiastica aspettativa”, racconta Bruno Pesucci, direttore dell’U.O.C di Chirurgia Maxillo-Facciale dell’Ospedale San Camillo-Forlanini di Roma, un vero e proprio luminare nel campo della chirurgia oncologica ricostruttiva. E' infatti Pesucci, 66 anni, milanese di origine, ma trapiantato a Roma da quasi 40 anni, che ha eseguito il primo intervento al mondo di sostituzione completa di una mandibola.

 

“Quando abbiamo iniziato a studiare e progettare la protesi e l'intervento non avevamo idea di quale sarebbe stato il risultato finale. In letteratura - continua - non è stato documentato alcun lavoro simile al nostro. Nessuno prima di noi si era spinto oltre parziali ricostruzioni”. In questo caso il coraggio dei medici e del giovane paziente ha pagato. Oggi Joan può finalmente avere una vita “normale”, senza rinunciare ai suoi piatti preferiti e senza dover sopportare atroci dolori mentre chiacchiera con gli altri.
 

Fino a pochi mesi fa, invece, il ragazzo di origini rumene, ma di adozione italiana ormai da tantissimi anni, conviveva con un “mostro” sulla faccia. Precisamente una displasia fibrosa. E' considerato un tumore benigno, ma che di “benigno” ha davvero ben poco.

 

“Questa neoplasia - spiega Pesucci - è molto aggressiva, colpisce le ossa che con il passare del tempo vengono invase da tessuto fibroso”. Il percorso di Joan è stato lungo. “La prima volta che lo visitai era il 2015, quando ancora il tumore non aveva raggiunto dimensioni troppo debilitanti”, racconta Pesucci. “Abbiamo iniziato a eseguire piccole resezioni, sperando di bloccare il processo di crescita della malattia. Ma - continua - così non è stato e allora abbiamo cominciato a pensare a soluzioni più complesse”. Da qui l'idea di tentare quello che nessuno prima d'ora aveva mai fatto: una sostituzione completa della mandibola con una protesi. “Grazie al lavoro dei nostri ingegneri - riferisce Pesucci - è stato possibile progettare una 'copia' perfetta della mandibola del paziente in titanio. Un sofisticato software ci ha permesso di progettarla su misura del giovane paziente e con la stampante 3D siamo riusciti a 'darle vita'”. Ma non è finita qui. “Su questa protesi - spiega il chirurgo - abbiamo creato specifici alloggi dove abbiamo eseguito un trapianto d'osso prelevato dal perone dello stesso paziente”. La parte più difficile è stata quella di creare un sistema muscolare e articolare in modo da rendere quella protesi rigida perfettamente funzionante. “Abbiamo isolato i muscoli - spiega Pesucci - e abbiamo collegato le fibre muscolari con la protesi”.

 

Una procedura certosina, ma che alla fine ha dato i suoi frutti. “Lo scorso 25 febbraio abbiamo eseguito l'intervento”, racconta Pesucci. “Il paziente è stato poi ricoverato - prosegue - in terapia intensiva dove sono trascorse le prime settimane più complicate”. Molti i dubbi e le paure. Le stesse che si hanno prima di superare una qualsiasi nuova frontiera. “Non sapevamo cosa aspettarci esattamente”, ammette Pesucci. Ma poco meno di un mese dopo, nonostante l'enorme prudenza dei medici, è cominciato a essere chiaro che l'intervento ha avuto successo. Un gran successo, oltre ogni più rosea aspettativa. A differenza dei suoi medici, Joan sembra non aver mai dubitato di quello che sarebbe stato il risultato finale. "Lui e i suoi genitori si sono affidati e fidati di noi da subito", sottolinea Pesucci. E ora la famiglia Cuc è profondamente grata ai medici ed è felicissima della scelta coraggiosa fatta. “La signora Cuc - racconta il chirurgo - viene a trovarmi un giorno sì e un giorno no, quando porta i pasti a suo figlio e continua sempre a ringraziarmi. E' felice che l'incubo di suo figlio, che poi era anche il suo, sia finalmente finito”.
 

Tuttavia, il lavoro di “rinascita” di Juan non è ancora finito. Fra 4-5 mesi il giovane paziente verrà sottoposto a 4-5 impianti che gli consentiranno di avere anche denti completamente nuovi con cui gustare i prelibati piatti della sua mamma. Insomma, manca la ciliegina sulla torta. Quanto durerà la sua nuova mandibola è difficile dirlo visto che non ci sono precedenti. “Forse 10 o 20 anni oppure tutta la vita, non lo sappiamo”, dice Pesucci che comunque ha già pensato a ogni evenienza, anche quella negativa. “Per questo le due teste del condilo mandibolare che abbiamo progettato sono 'svitabili' e, nel caso di usura della protesi, possiamo facilmente sostituirla con una nuova”, dice il chirurgo.

 

Un'eventualità remota, considerato che il titanio difficilmente si consuma.
 

Ora i medici e gli ingegneri coinvolti nell'impresa stanno mettendo nero su bianco il loro lavoro che presto verrà pubblicato su una rivista scientifica e che magari servirà a regalare una vita nuova a quanti hanno problemi simili a quello di Joan.

 Traumi, Sos motocicletta - "Sulle strade troppe vittime"

 

Un quarto dei sinistri in Italia riguarda le due ruote. L'allarme nell'ultimo rapporto Oms ed europeo. L'aumento degli incidenti segue l'accresciuta presenza delle grosse cilindrate. Gli esperti avvertono: "Serve maggiore consapevolezza dei pericoli"

 


ROMA - Bella e pericolosa, la moto è da maneggiare con cura. In Italia ogni sei ore muore un centauro. Insieme al pedone è l'utente più debole della strada. Il Rapporto sulla prevenzione degli incidenti stradali pubblicato da Oms e Banca mondiale sottolinea come il 50% delle vittime riguardi guidatori delle due ruote. D'altra parte il report più recente sui sinistri stradali presentato a Bruxelles dall'European Transport Safety Council (Etsc) evidenzia un generale calo in Europa degli incidenti che coinvolgono i motorini e gli scooter, ma non altrettanto le moto, unica tipologia di mezzo sulla quale istituzioni e autorità preposte alla sicurezza stradale non riescono ad incidere più di tanto.

I sinistri su due ruote sono il 19% del totale europeo delle vittime su strada, con oltre 6.300 morti nel 2009, per le sole moto il 15% dei decessi totali per non più del 2% dei chilometri percorsi. "Il nostro Paese detiene purtroppo il primato con un 25% di incidenti su moto e il 23% dei decessi - afferma Alessio Pitidis, direttore del reparto ambiente
e traumi dell'Istituto superiore di sanità (Iss) - il fenomeno è legato alla diminuzione dei motorini circolanti, dimezzati o quasi nell'ultimo decennio, e all'aumento delle moto di grossa cilindrata passate da due milioni e mezzo a sei milioni nello stesso arco di tempo. Sono pure cambiati gli utenti, prima andavano in moto i ventenni-trentenni adesso a questi si è aggiunta la fascia dei quarantenni e ultra cinquantenni".
Nonostante l'abitudine di indossare il casco sia ormai molto diffusa tra i motociclisti e nonostante l'introduzione della patente a punti, sulle moto si muore cinque volte di più rispetto agli altri veicoli: nel 2009 si sono registrati 1124 decessi, 22.480 ricoveri ospedalieri, 258.000 accessi al Pronto soccorso.

"Il casco integrale ha ridotto le morti sul colpo e ha limitato le lesioni vertebrali alte, ma non i danni e gli esiti gravi - sottolinea Bruno Pesucci, primario dell'U. O. chirurgia maxillo-facciale del San Camillo di Roma, uno dei tre centri di riferimento regionale per le emergenze della strada - il distretto cranio-facciale è quello più colpito da fratture, isolate o più spesso multiple, craniche, mandibolari, mascellari, orbitali cui si aggiungono contusioni, abrasioni cutanee, emorragie interne e fratture degli arti".

La moto affascina, costa meno, si utilizza per lunghi percorsi e, soprattutto, è veloce. Ma guidarla richiede esperienza e perfette condizioni fisiche. "Il centauro esposto all'ambiente deve essere in continuo stato di allerta - dice Sergio Garbarino del Dipartimento di neuroscienze dell'Università di Genova - l'errore umano è la prima causa di incidenti, ma la colpa solo nel 37% dei casi è del motociclista per velocità o riduzione della vigilanza, nella metà dei casi è dovuta ad altri veicoli e nel 13% alle condizioni ambientali".

Sono auto e camion i peggiori nemici delle moto. Tuttavia l'inerzia delle istituzioni è evidente. "Mancano leggi, non c'è sensibilizzazione, conseguire la patente A o la A superiore è quasi banale e la consapevolezza del rischio è bassa - sottolinea Garbarino - nessuno spiega come andare in moto e guidare in città o in autostrada, un tempo avere la moto significava aderire a un certo stile di vita, mentre oggi la si acquista potente per arrivare prima a lavoro".

Secondo uno studio dell'Istituto superiore di sanità per ogni punto di incremento dell'utilizzo del casco integrale in moto il risparmio socio-sanitario ammonterebbe a circa 13 milioni di euro l'anno. Il casco integrale omologato da solo non è sufficiente a garantire la sicurezza passiva: in moto bisogna proteggersi con un abbigliamento adatto, sandali e bermuda vanno lasciati a casa.

 

Mariapaola Salmi

 

 

(FONTE: La Repubblica del 21.06.2011)

Ginevra - Incidenti in motocicletta: "Sulle strade troppe vittime"
A lanciare l’allarme l’ultimo rapporto pubblicato da Oms e Banca mondiale. All’Italia spetta il triste primato.L’aumento della sinistrosità segue la tendenza a scegliere moto sempre più potenti e gli esperti avvertono: "Serve maggiore consapevolezza dei pericoli"

(ASAPS), 28 giugno 2011- Affascinante e pericolosa, la moto rimane un oggetto del desiderio da maneggiare con cura. Almeno a guardare il Rapporto sulla prevenzione degli incidenti stradali pubblicato da Oms e Banca mondiale che evidenzia come il 50% delle vittime coinvolte in sinistri stradali siano proprio motociclisti e ciclomotoristi.

Il 19% del totale europeo delle vittime su strada è composto da amanti delle 2 ruote, e nel solo 2009 si sono registrati oltre 6mila e 300 morti, il 15% delle quali ha riguardato proprio i conducenti di moto. In Italia la situazione è da bollino rosso. Nel nostro Paese infatti un quarto degli incidenti coinvolge proprio le moto e il 23% dei decessi che ogni anno avvengono sulle strade, ha per protagonisti i centauri.

A determinare il preoccupante fenomeno, la diminuzione dei motorini circolanti, quasi dimezzati negli ultimi 10 anni, l’aumento delle moto di grossa cilindrata, passate da 2 milioni e mezzo a 6 nello stesso arco di tempo, e l’ingresso nel mondo degli appassionati  delle due ruote, di una nuova fascia anagrafica di utenti costituita da quarantenni e cinquantenni.

A confermare l’allarme anche il report più recente sui sinistri stradali presentato a Bruxelles dall’European Transport Safety Council (Etsc) che ha evidenziato  un generale calo in Europa degli incidenti che coinvolgono i motorini e gli scooter, ma non altrettanto le moto.

Per questo gli esperti avvertono: "Serve maggiore consapevolezza dei pericoli". Secondo Alessio Pitidis, direttore del reparto ambiente e traumi dell’Istituto superiore di sanità (Iss)," Nonostante l’obbligo di indossare il casco sia diventata un’abitudine ormai diffusa tra i motociclisti e nonostante l’introduzione della patente a punti, sulle moto si muore cinque volte di più rispetto agli altri veicoli”. Nel 2009 in Italia, si sono registrati infatti 1124 decessi, 22mila 480 ricoveri ospedalieri, 258mila accessi al Pronto soccorso. "Il casco integrale ha ridotto le morti sul colpo e ha limitato le lesioni vertebrali alte, ma non i danni e gli esiti gravi - tiene a sottolineare Bruno Pesucci, primario dell’U. O. chirurgia maxillo-facciale del San Camillo di Roma, uno dei tre centri di riferimento regionale per le emergenze della strada - il distretto cranio-facciale è quello più colpito da fratture, isolate o più spesso multiple, craniche, mandibolari, mascellari, orbitali cui si aggiungono contusioni, abrasioni cutanee, emorragie interne e fratture degli arti". Per questo motivo oltre ad indossare il casco integrale è fondamentale che chi viaggia in moto sia protetto da un abbigliamento adatto.

La moto affascina, costa meno di un auto, si utilizza per lunghi percorsi e, soprattutto, è veloce. Ma per guidarla sono necessari esperienza e perfette condizioni fisiche. Il centauro infatti viaggia in un continuo stato d’allerta e deve reagire in pochi secondi a stimoli molteplici e improvvisi. Tuttavia, anche se l’errore umano è la prima causa di incidenti, solo nel 37% dei casi la colpa è del motociclista. Nella maggior parte dei sinistri la responsabilità è dovuta ad altri veicoli e nel 13% dei casi alle condizioni ambientali. (Fonte: ASAPS)

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